PERCHÉ IL GOVERNO VUOLE NAZIONALIZZARE IL DEBITO PUBBLICO
Partenza sprint per il Btp Italia. Nel primo giorno di collocamento, la domanda per il titolo indicizzato all’inflazione pensato dal Tesoro appositamente per i piccoli risparmiatori ha raggiunto i 3,6 miliardi, battendo il risultato della precedente edizione di novembre scorso quando, nel giorno d’esordio, si raggiunsero i 3,2 miliardi per poi chiudere l’ultimo giorno di collocamento a quota 12 miliardi. Segno che il Mef ha messo a punto la giusta formula per intercettare la platea di cassettisti a caccia di rendimenti appetibili e investimenti sicuri, ma soprattutto di una via di fuga dall’inflazione che continua a mordere i risparmi a un tasso di oltre il 9%. I contratti sottoscritti oggi sono stati 132.334 e una mossa vincente per calamitare una platea più ampia di risparmiatori è stata sicuramente la scelta di restringere l’orizzonte temporale dell’investimento: la durata è stata ridotta a 5 anni contro i 6-8 anni delle emissioni degli anni scorsi, avvicinando così l’opportunità di incassare il premio fedeltà dell’8 per mille offerto a chi mantiene il titolo fino alla scadenza.
La cedola reale annua minima oltre il tasso di inflazione è stata fissata al 2%, ma nella mattinata di giovedì 9 potrebbe essere confermata o rivista al rialzo. Per la clientela retail, il titolo che gode della garanzia dello Stato ed indicizzato all’inflazione – assicurando rendimenti più alti all’aumentare dell’inflazione – sarà in offerta fino a mercoledì, salvo chiusura anticipata, mentre giovedì il collocamento sarà riservato agli investitori istituzionali.
La corsa al Btp Italia fa ben sperare in un 2023 particolarmente oneroso per il Mef in termini di emissioni, con un obiettivo di 310-320 miliardi per i titoli a medio-lungo termine proprio mentre viene meno il supporto della Bce che ha appena iniziato a ridurre il suo portafoglio di bond. Puntare sul retail è dunque una opportunità e “una crescita della quota di debito pubblico in mano alle famiglie italiane è non solo auspicabile, ma anche possibile” dice il sottosegretario all’Economia Federico Freni secondo cui “è ragionevole arrivare intorno al 15-16% non oltre”. Va tenuto conto che “il 9% che hanno i risparmiatori italiani è già una quota ampia, puntualizza – credo che dal 9 potremo salire un po’. La quota grossa che perderemo progressivamente è il 26% della Bce perché con l’addio al quantitative easing certamente perderemo una quota Bce”.