UBS SI COPRE LE SPALLE NEL CONTRATTO DI ACQUISTO DI CREDIT SUISSE, ECCO DI COSA SI TRATTA
Il contratto di acquisto di Credit Suisse da parte di UBS prevede una maxi-penale in caso di acquisizione dell’istituto da parte di terzi, in grado di far scattare una pioggia di milioni e potenzialmente anche di miliardi per la società guidata da Sergio Ermotti. Lo rivela oggi il portale Inside Paradeplatz (IP), che cita documenti presentati alla Sec. L’autorità americana di vigilanza dei mercati finanziari, grazie alla sua trasparenza, sta facendo emergere diversi aspetti finora non noti del salvataggio bancario: un’operazione che lo scorso 19 marzo è stata presentata come un intervento orchestrato all’ultimo minuto dal Consiglio federale, ma che si sta rivelando sempre più una fusione pensata da tempo nei piani alti di UBS. Stando ai termini dell’intesa rivelati dalla Sec, in caso di rescissione dal contratto di acquisto Credit Suisse dovrebbe pagare una penale di 100 milioni di franchi. Ma non solo: se una terza parte dovesse rilevare Credit Suisse grazie a un’offerta più elevata – come noto UBS mette sul tavolo 3 miliardi di franchi – CS (o il suo compratore) dovrebbe versare a UBS il 50% del valore in più della controfferta. Concretamente quindi – spiega il portale IP – se l’americana JPMorgan dovesse acquistare Credit Suisse per 5 miliardi sarebbe tenuta a pagare in più a UBS anche la metà della differenza fra le offerte, cioè nel caso in esame 1 miliardo. E dovrebbe farlo immediatamente.
Va peraltro ricordato che il prezzo di 3 miliardi concordato nell’ormai famoso fine settimana del 18-19 marzo è ampiamente inferiore al valore borsistico di Credit Suisse in quel momento, pari a 7 miliardi. Stando a quanto sostenuto in quei giorni dalla stampa anglosassone – molto più informata di quella elvetica sia sulle trattative nel loro insieme che sui dettagli – UBS avrebbe offerto inizialmente un massimo di 1 miliardo. Non è tutto: in base al contratto Credit Suisse è tenuta a comunicare entro 24 ore di tempo l’arrivo sulle sue scrivanie di una possibile controfferta. Per essere valida questa dovrebbe inoltre essere “più favorevole agli azionisti di CS e non meno favorevole alla stabilità del mercato finanziario svizzero”, è scritto nell’intesa. Da parte sua UBS si prenderebbe tempo per valutarla bene: cinque giorni feriali, previsti dal contratto, dopo di che potrebbe rilanciare a sua volta il prezzo. Come ufficialmente noto da questa settimana, sempre in base a documenti inoltrati da UBS alla Sec, la banca si stava interrogando sull’acquisizione già dall’anno scorso: da ottobre il tema occupava intensamente l’istituto, che con un team di dipendenti, consulenti legali esterni ed esperti di Morgan Stanley, aveva analizzato in dettaglio la situazione. Il 20 febbraio il comitato strategico del consiglio di amministrazione (Cda) e il 22 lo stesso Cda nel suo insieme erano però giunti alla conclusione che “l’acquisto di Credit Suisse non fosse desiderabile, ma che fossero necessarie ulteriori analisi per preparare uno scenario in cui Credit Suisse si fosse trovato in serie difficoltà”. La banca oggi guidata da Ermotti è stata ufficialmente contattata per un’eventuale operazione di salvataggio di Credit Suisse il 15 marzo 2023, in occasione di un incontro con i rappresentanti del governo, della Banca nazionale svizzera (Bns) e dell’autorità di vigilanza Finma. Già oltre un mese fa il mensile Bilanz ha però sostenuto che Ermotti (Ceo dal novembre 2011 all’ottobre 2020, nonché di nuovo ora dallo scorso 5 aprile) pianificava la fusione già nel 2016: la questione sarebbe stata il tema di un ritiro strategico a St. Moritz. Vi sarebbero poi stati anche abboccamenti con i vertici di CS.