GRANDI DIMISSIONI, ECCO PERCHÈ 4 LAVORATORI SU 10 SI PENTONO DI AVER LASCIATO

Assumere, in un contesto lavorativo non semplice. Non è facile definire la situazione lavorativa presente attualmente in Italia, dove le imprese medio-grandi vogliono assumere ma si trovano davanti a un malessere figlio della pandemia. “In un contesto in cui il fenomeno delle dimissioni non si arresta e il mercato del lavoro è caratterizzato da una forte carenza di professionisti, le aziende devono cercare di non perdere i lavoratori che hanno, aumentandone l’engagement”, ha dichiarato Mariano Corso, professore del Politecnico di Milano, a Il Sole 24 Ore.

LO STUDIO – Proprio il Politecnico di Milano ha realizzato, insieme a Doxa, una ricerca dal titolo “Vita, lavoro, felicità: disegnare una nuova relazione tra organizzazione e persone” su un campione di 800 lavoratori, rappresentativo sia dei colletti bianchi che di quelli blu, e di 100 aziende di dimensione medio grande. I risultati evidenziano una situazione tendenzialmente diversificata.

TRA DIMISSIONI E CACCIA AI TALENTI – Due dimensioni ineludibili sono certamente da un lato le dimissioni e dall’altro la carenza di talenti, un problema che si trovano a dover affrontare le aziende. Ma come risolverlo? I numeri ci dicono che nel 2023 ben il 59% delle organizzazioni prevede una crescita dell’organico, ma il 94% ha difficoltà ad assumere nuovo personale.

IL DANNO ECONOMICO – Tutto questo ha delle inevitabili ripercussioni economiche: come hanno evidenziato le statistiche del sistema informativo Excelsior Unioncamere, la difficoltà di reperimento delle persone (oggi ben oltre il 40%) considerando una tempistica di difficoltà di reperimento compresa tra 2 e 12 mesi, ha generato una perdita di valore aggiunto di 37,7 miliardi di euro per il solo 2022.

I MESTIERI PIÙ RICHIESTI – Un dato che si unisce ad un altro formulato dal Polimi, che sottolinea come per il 74% delle organizzazioni il tema sia più critico rispetto a 12 mesi fa. Questo, poi, implica una difficoltà soprattutto per le professionalità digitali, ma non solo: mancano anche profili tecnici, operai e manutentori. La richiesta di questi mestieri, oltretutto, è anche aumentata se consideriamo le grandi dimissioni.

IL PENTIMENTO – Se consideriamo gli anni 2021 e 2022 le dimissioni hanno superato il numero record di 3 milioni. È vero che il 46% dei lavoratori ha cambiato lavoro negli ultimi mesi, o è sul punto di farlo, ma c’è chi si è già pentito della scelta. Infatti, il 41% non si dimetterebbe ancora: questa insoddisfazione, seguita al cambiamento, fa però intuire che le condizioni che i lavoratori trovano sul mercato sono differenti, ma non così tanto come forse si aspettavano.

IL BENESSERE PSICOLOGICO – Da non trascurare, poi, il benessere psicologico: soltanto l’11% dei lavoratori dice di stare bene e il 42% si è assentato almeno una volta dal lavoro nell’ultimo anno per motivi di malessere psicologico e relazionale. Le ragioni sono diverse: ansia ma anche problemi di natura sociale, come le relazioni interpersonali con capi, colleghi e collaboratori. A dichiararsi felice è solo il 7% dei lavoratori.

WORK LIFE BALANCE – Come rileva sempre il Politecnico di Milano, si innestano 2 dinamiche principali sugli equilibri vita-lavoro. Una è la work-life integration che riguarda chi trova nel proprio lavoro una componente significativa della propria soddisfazione personale ed è portato a gestire in maniera integrata questi due aspetti (43% dei lavoratori). L’altra è invece la work-life separation di chi trova la propria soddisfazione personale prevalentemente al di fuori del lavoro ed è portato a tenere separata la vita lavorativa da quella privata