INDAGINE BANKITALIA: LE IMPRESE RESTANO PESSIMISTE
Nonostante un’economia italiana mostratasi piuttosto resiliente alle sfide della pandemia e dal conflitto in Ucraina e capace di fare meglio di Paesi come la Germania, anche a detta di banchieri e dei vertici delle associazioni imprenditoriali, ora le prospettive fanno intravedere qualche nube all’orizzonte ai timonieri delle grandi aziende. E’ Bankitalia a tastare il sentiment degli imprenditori nella consueta Indagine sulle aspettative di crescita e inflazione, condotta tra il 22 maggio e il 12 giugno 2023 presso le imprese italiane dell’industria e dei servizi con almeno 50 addetti.Se sembra in parte rientrare l’allerta accelerazione della inflazione, si teme un colpo di freno del Pil e “nel secondo trimestre, i giudizi delle imprese sulla situazione economica generale restano complessivamente sfavorevoli”. L’indagine Bankitalia ha rilevato “un generale deterioramento delle valutazioni nell’industria in senso stretto, a fronte di una tenuta nei servizi e di un lieve miglioramento nelle costruzioni”. “L’impulso della domanda, che aveva sostenuto l’attività nel primo trimestre dell’anno, si è affievolito”. E se l’export è stato un volano per il Made in Italy, ora invece “si sono indebolite le attese sulla domanda, anche estera, nei prossimi mesi”.Qualche luce però c’è: “nonostante le condizioni per investire siano ritenute “sfavorevoli”, le aziende continuano a prefigurare un’espansione degli investimenti quest’anno e le prospettive dell’occupazione per i prossimi 3 mesi rimangono positive. Inoltre, le attese “sull’inflazione al consumo si sono ridotte su tutti gli orizzonti temporali, attestandosi al 5,8 per cento sui 12 mesi e al 5,0 e 4,5 per cento sugli orizzonti rispettivamente a 2 anni e tra 3 e 5 anni. La dinamica dei prezzi praticati dalle imprese rimarrebbe sostenuta nei prossimi 12 mesi, pur nel complesso in attenuazione”. Intanto, dall’indagine della Banca d’Italia che ha sondato gli imprenditori, emerge che si riducono le difficoltà legate ai livelli ancora alti dei prezzi energetici e alla carenza di beni intermedi.Nel secondo trimestre si è lievemente ridotta la quota di imprese che ha riscontrato difficoltà legate ai prezzi dei beni energetici (a 47 da 52 per cento nel primo). E tra queste, per circa due terzi tali ostacoli sono stati inoltre minori rispetto al trimestre precedente. Si è sostanzialmente dimezzata rispetto alla rilevazione precedente la quota di imprese che ritiene che i prezzi dell’energia influenzeranno al rialzo i prezzi praticati nei prossimitre mesi. Buone notizie anche sulla supply chain. E’ proseguita, ancorché a ritmi meno intensi, la riduzione della quota di imprese che ha riscontrato difficoltà legate all’approvvigionamento di materie prime e di input intermedi, da 37 a 32 per cento nell’industria in senso stretto e nei servizi e dal 65 al 52 per cento nelle costruzioni.Un settore, quello dell’edilizia, per cui nel primo trimestre 2023, l’Istat per il comparto residenziale, osserva una crescita congiunturale delle autorizzazioni, del 3,7% per il numero di abitazioni e del 5,1% per la superficie utile abitabile. La superficie non residenziale, invece, risulta in diminuzione per il terzo trimestre consecutivo.