L’ ECONOMIA ITALIANA REGGE AI COLPI DELL’INFLAZIONE MA L’ALLERTA RESTA ALTA
L’economia italiana ha resistito bene agli effetti della guerra della Russia in Ucraina, crescendo del 3,7% nel 2022. I consumi privati sono aumentati in modo robusto grazie alla ripresa dell’occupazione, al turismo vivace e all’ampio sostegno fiscale del potere d’acquisto reale. La crescita dei servizi e delle costruzioni ha compensato la debolezza del settore manifatturiero, in particolare nelle industrie ad alta intensità energetica colpite dai prezzi elevati dell’energia. I prezzi al consumo sono aumentati, in gran parte a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia, le condizioni finanziarie si sono notevolmente inasprite e i rendimenti dei titoli di Stato italiani sono aumentati con l’inasprimento della politica monetaria. E’ lo scenario tratteggiato dal comitato esecutivo del Fondo Monetario Internazionale, a conclusione della consultazione Article iV con l’Italia.
Il mercato del lavoro ha registrato una forte performance, i salari nominali sono aumentati ma i salari reali sono diminuiti. Le riserve di capitale e di liquidità delle banche sono rimaste sostanzialmente stabili a livelli confortevoli e i crediti deteriorati sono diminuiti ulteriormente ma, avverte il Fmi, i rischi rimangono elevati a fronte delle prospettive incerte per l’economia e del futuro andamento della politica monetaria.
L’ampio sostegno politico e l’aumento dei costi degli interessi hanno mantenuto i disavanzi fiscali molto elevati. Il rapporto debito pubblico/PIL è diminuito, ma rimane molto elevato. Una popolazione in età lavorativa in calo potrebbe ridurre la crescita a lungo termine.
La crescita dovrebbe entrare in una fase più lenta e i rischi al ribasso dominano le prospettive. Si prevede che la crescita si modererà all’1,1% nel 2023 e allo 0,9% nel 2024, per poi riprendere temporaneamente all’1,1% nel 2025. Si prevede che l’inflazione complessiva diminuirà drasticamente al 5,2% nel 2023 e al 2,5% nel 2024, trainata dal calo dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari. Queste le stime del Fmi.
Un inasprimento più brusco della politica monetaria, avverte l’Fmi, potrebbe trasmettersi in modo asimmetrico all’Italia e aumentare ulteriormente i costi di finanziamento, mentre il rinnovato stress finanziario globale potrebbe ridurre la disponibilità di finanziamenti, causando un ridimensionamento della spesa pubblica e privata e riaccendendo le preoccupazioni sui legami sovrano-banca-società.
Attuare tempestivamente ed efficacemente il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza. E’ la sollecitazione contenuta nel report conclusivo del Fmi. “Le politiche che rallentano la riduzione del debito pubblico o i ritardi prolungati nella ricezione degli esborsi di NextGenerationEU (NGEU) potrebbero sollevare – avverte – problemi di finanziamento. La crescita potrebbe essere influenzata negativamente da un nuovo balzo dei prezzi dell’energia, dalla frammentazione del commercio estero e degli investimenti o da un calo generalizzato della domanda esterna”.
Con rischi principalmente al ribasso, è necessario concentrarsi su riforme strutturali ambiziose per aumentare la produttività e crescita potenziale, migliorare la sicurezza energetica e soddisfare le autorità obiettivi climatici. E importante è ridurre decisamente il debito pubblico. E’ la raccomandazione del comitato esecutivo del Fmi. Il Fondo “ha accolto con favore l’impegno delle autorità al riguardo”, indica il report.