EXTRAPROFITTI, MELONI: “NON DIFENDO RENDITE DI POSIZIONE”

GIORGIA MELONI PRESIDENTE CONSIGLIO

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, difende la tassa sugli extraprofitti delle banche e assicura che, indipendentemente dal rinnovo o meno dell’accordo sulla Via della Seta con la Cina, i rapporti dell’Italia con Pechino resteranno solidi. La premier ha parlato in un’intervista apparsa oggi, 30 agosto, sul quotidiano ‘Il Sole 24 Ore’. Sulle banche: “Non difendo rendite di posizione”.

“Io non tasserò mai il legittimo profitto imprenditoriale e agirò sempre per aiutare a creare ricchezza. Però non intendo difendere le rendite di posizione“, ha detto Meloni a proposito della tassa sugli extraprofitti. “Non mettiamo in difficoltà alcuna banca, è solo un provvedimento che interviene, con garbo, in un momento di difficoltà per tante persone”, ha aggiunto la presidente del Consiglio, secondo cui “il profitto è chiaramente il motore di un’economia di mercato. Ma questo vale quando il profitto deriva dall’intraprendenza imprenditoriale. Cosa diversa è quando registriamo profitti frutto di rendite di posizione”. Nel caso delle banche, ha sottolineato, “gli extraprofitti sono il frutto della decisione della Bce di alzare il tasso di interesse. Gli istituti di credito hanno adeguato con grande tempestività gli interssi attivi, quelli relativi, ad esempio a un mutuo. Gli interessi passivi, invece, li hanno lasciati invariati. Tassare quel margine è una cosa di buon senso“.
“Rapporti con la Cina resteranno solidi”

Meloni si è anche detta “convinta” che i rapporti tra Italia e Cina “continueranno a essere solidi”, rispondendo a una domanda sul possibile mancato rinnovo dell’accordo sulla Via della Seta. “Non prevedo che il nostro rapporto con la Cina diventi complicato – ha spiegato Meloni – tra Roma e Pechino le relazioni sono antiche e ci sono grandi e reciproche convenienze, non solo in ambito commerciale. Penso ad esempio che la Cina possa essere un ottimo partner per il lusso italiano”. Al di là della Via della Seta, continua, “su cui le scelte andranno discusse e meditate in Parlamento, non c’è una relazione diretta tra quella firma e le relazioni commerciali. Il paradosso è che siamo l’unico Paese del G7 ad aver aderito alla Via della Seta ma non siamo affatto il Paese del G7 o il Paese europeo col maggior interscambio con la Cina. Il che dimostra come non ci sia un nesso tra le due cose”.