QUANTO SI SONO RISTRETTI I SALARI DEGLI ITALIANI?
Alla fine dell’anno scorso, ci ha detto l’Ocse, i salari reali in Italia erano scesi del 7 per cento rispetto a prima che scoppiasse la pandemia. In soldoni vuol dire che su una paga di 1.500 euro al mese se ne sono persi più di 100 in potere d’acquisto: la cifra sul cedolino è rimasta la stessa ma l’inflazione ha ridotto il suo valore.
Non va molto meglio se guardiamo alle retribuzioni contrattuali, cioè le paghe stabilite negli accordi nazionali. Sono salite nei primi sei mesi di quest’anno – spiega l’Istat – ma restano al di sotto di 6 punti percentuali rispetto al carovita. Si tratta delle paghe tabellari, stilate da intese fra imprese e sindacati e che non tengono conto di voci straordinarie, ma rappresentano un indice importante perché oltre la metà dei dipendenti ha un contratto scaduto da più di due anni, quindi è in attesa di un aumento.
Adeguare questi contratti è cruciale, ma non basta. I sindacati chiedono anche che si riducano tasse e contributi a carico dei lavoratori. Il governo con la manovra vuole mantenere il taglio del cuneo fiscale, inoltre studia un prelievo più leggero sui redditi medio-bassi con una rimodulazione dell’Irpef e sconti per chi è più in difficoltà. Bonus, come quelli su benzina e bollette, che hanno permesso di sostenere i conti delle famiglie, ma alcuni di questi sono già venuti meno.
Sul salario minimo, invece, Palazzo Chigi ha alzato un muro. Stabilire per legge una paga di almeno 9 euro lordi l’ora, come proposto dall’opposizione, verrebbe incontro a oltre quattro milioni e mezzo di italiani (se non consideriamo tredicesima e liquidazioni). Un esercito composto da operai agricoli, colf e badanti ma anche tanti dipendenti di aziende dove i minimi fissati dagli accordi non sono rispettati o dove si è assunti con uno contratto “pirata”, cioè firmato da organizzazioni poco rappresentative e con paghe da fame.